Italy Butoku Sai 2003

NA Z I O NA L E

                                                                     

 

NEW EVENTS KARATE di Maria Giulia   

 

Domenica 7 dicembre a Macerata siè svolta la manifestazione “Italy Botoku Sai 2003”, promossa dal M° Fulvio Lorenzetti, Presidente dell’U.K.I.D.A. (Unione Italia Karate e Discipline Associate). Il ricavato ottenuto sarebbe stato devoluto in beneficenza in favore degli atleti diversamente abili dell’Istituto di Riabilitazione S. Stefano di Porto Potenza Picena.

Alla manifestazione sono state presentate più dimostrazioni, tutte molto belle, di più discipline marziali provenienti da diverse Federazioni. E c’ero anch’io, Maria

Giulia, 23 anni, cintura marrone, karateka affetta dalla nascita da tetraparesi spastica: non cammino, e ho problemi di manualità. Sin dall’età di 10 anni ho studiato il karate, cominciando ad allenarmi col M° Lorenzo Calzola, e proseguendo, negli anni successivi, col M° Fabio Ventura, ed ora col M° Vitaliano Morandi.

Questa era la mia prima dimostrazione pubblica di kata, bunkai e kumite.

Intervenivo al Butoku Sai su invito del M° Fulvio Lorenzetti, l’unico che, in sei anni di lettere e appelli senza risposta, abbia voluto prestare attenzione alla mia idea: il karate per disabili motori. Dandomi l’opportunità di esibirmi, il M° Lorenzetti mi ha permesso di mostrare coi fatti la veridicità delle mie affermazioni: il tatami può essere, per un disabile motorio, una sconfinata prateria nella quale affinare le residue capacità motorie, muoversi, giocare, lottare, senza bisogno di ausili, usando solo le sue capacità residue. Possono essere adattati tantissimi esercizi e tecniche, che danno risultati notevoli nel recupero e nell’ottimizzazione di tali capacità.

Non solo, ma praticando accanto a persone “normali”, si favorirà l’integrazione in un gruppo, lo scambio, l’esperienza.

Io pratico in ginocchio. So fare i rotolamenti (che uso anche come spostamenti e schivate), conosco varie tecniche di braccia (attacchi e parate a pugno chiuso, mano aperta e semiaperta, alcune leve ect.), conosco alcuni kata e posso combattere contro avversari in ginocchio. Da piccola, m’innamorai del Karate, all’inizio solo un gran divertimento, ma in cui potevo, da sola, senza medici, stampelle o carrozzine tra i piedi, fare tutto quello che facevano gli altri, adattando alle mie esigenze i normali esercizi di riscaldamento e le normali tecniche di braccia e mani.

Da allora, fra interruzioni dovute a operazioni chirurgiche e impegni scolastici, grazie ai Maestri, ho messo lentamente a punto un serio metodo d’allenamento, imparato kata, migliorato la tecnica e studiato, adattandolo per due contendenti in ginocchio, per gioco, il kumite. Devo ringraziare molto anche Emiliano Mazzoli,

ex vice istruttore di Fabio Ventura, cui devo molti miglioramenti e adattamenti della tecnica.

A Macerata eseguivo il “Tora no kata”, ideato dal M° Morandi per permettermi di Presso la Palestra delle Scuole Medie si è svolta sabato 20 dicembre la manifestazione “Vivere insieme lo sport” promossa dal Comune di Carpendolo (BS). I numerosissimi spettatori presenti per assistere all’evento hanno partecipato

con calore, apprezzando le esibizioni dei giovani atleti allievi del maestro Pierluigi Pajello nella locale scuola di karate A.S.K.C. L’occasione è servita per salutare il presidente dell’A.S.K.C. Guerrino Gerevini, giunto alla fine del suo mandato; un commosso maestro Pajello ha consegnato una targa di encomio a Zaira Gerevini, la quale, dopo essere cresciuta nella sua palestra, frequentandola sin da bambina, fino a raggiungere il grado di III Dan con la qualifica di maestro, ha deciso di smettere, almeno per un po’, di indossare il kimono. Durante questo caloroso incontro tra il paese e i suoi atleti sono state inoltre consegnate le cinture nere ai tre giovanissimi karateka che hanno sostenuto l’esame per il passaggio al grado I Dan lunedì 8 dicembre ad Abano Terme (PD); l’Assessore allo Sport del Comune di Carpendolo Luciano Tebaldini, si è complimentato per il lavoro serio e qualitativo di questa Associazione Carpenedolese, il presidente dell’ASKC Guerrino Gerevini e il pittore M° DaZan ( Zanardini) hanno gratificato con tale riconoscimento la fatidica cintura nera agli atleti: Carolina Agogeri, Mattia Tonini e Andrea Franzoni. Infine sono state promosse al grado di 2° Dan : Chiara Tosi, Veronica Pandolfo e per il grado di 3° Dan Serigne Bassirou Sall. Un vero successo.

sfruttare le mie residue capacità motorie. Il Maestro ha voluto battezzarlo Tora no kata, “kata della tigre”.

Dobbiamo qui pensare a una tigre ferita, ma solo apparentemente indifesa, perché può ancora combattere con le armi che le restano. Sebbene io conosca alcuni kata del Goju Ryu (e anche Shito), sarebbe stato più difficile far comprendere molte delle tecniche, che sarebbero parse assurde se applicate in ginocchio, prive di

determinata postura. Il kata è stato studiato a lungo, e ha subito molte modifiche per divenire più adattabile e dinamico. Questo è solo un esempio di come si possa adattare la tecnica all’allievo disabile: r a c c h i u d e varie tecniche (prese, parate, attacchi di pugno e mano aperta), rese fluide da brevi spostamenti in ginocchio

e rotolamenti in schivata o in combinazione con l’attacco.

Le tecniche possono esser comunque modificate o ampliate secondo le possibilità dell’allievo, della sua patologia ed esperienza. Rappresenta un compromesso tra la disabilità e la tecnica in sè. Al kata ha fatto seguito l’applicazione -bunkai- delle tecniche, e infine un breve e intenso “combattimento libero” basato solo su velocità e coordinazione, a contatto lievissimo, col mio “compagno esecutore”, Emanuele Guelli, amico e partner di tanti duelli in palestra. Emanuele, nei suoi attacchi (di pugno, calcio o presa), alternava sia la posizioni inginocchiata sia in piedi, e io di conseguenza adattavo il contrattacco o la schivata. Tutto è andato bene, e la dimostrazione è stata molto applaudita, compensando un lavoraccio di mesi da parte del M° Morandi, di Emanuele e mia.

Non è facile imparare un kata e avere la pazienza di ripeterlo con movimenti goffi che solo lavorando molto si aggraziano e si fanno puliti e decisi, ma è proprio la possibilità del miglioramento, pur così duro da raggiungere, che mi spinge a continuare.

E so che non sarò lasciata sola, ma avrò sempre, qui sul tatami qualcuno con cui ridere, confrontarmi, giocare e sudare. Non sempre vi sono veri Maestri che accettano di confrontarsi con una realtà diversa dalla loro, di cambiare prospettiva e pensare una tecnica a mezzo metro d’altezza e quasi senza spostamenti.

Riuscite a immaginare quanto possa essere bello imparare finalmente a fidarsi del proprio corpo, a migliorarlo, a sentire la sua forza, la coordinazione, la sicurezza che aumenta, e sapere che nessuno, sul tatami, ti tratterà da diverso o da “bambola di coccio”, ma il Maestro sarà la tua guida, i tuoi compagni la squadra, e tu farai

ciò che fanno loro? Vorrei che altri disabili tentassero questa strada, per quanto impervia.

E’ mio dovere dirlo: quasi nessuna palestra è attrezzata per disabili, non esistono categorie sportive né istruttori specializzati.

Ma, al contempo, nessuna legge vieta al disabile di allenarsi tranquillamente, né proibisce ai Maestri di accoglierlo.

L’allievo disabile potrebbe trovare nel karate un eccellente mezzo d’integrazione e d’espressione, un ambiente in cui conoscere la propria forza e imparare a usarla, non pensando più, almeno per un attimo, al corpo come prigione dell’anima.  Sogno di vedere, un giorno, una categoriadi karate per disabili motori.

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