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Messaggio del Presidente FESIK

Eventskarate 19 marzo 2013

Luigi Aschedamini

Il 2013 sarà senza dubbio un anno fondamentale nel panorama delle Arti Marziali poichè si avverte nell’aria un clima di frenetica preparazione in tutti i campi: propedeutiche, eventi, gare, scelte politiche, ecc.

All’interno delle Arti Marziali, il Karate in particolar modo vivrà molte innovazioni e sarà trainante nella tendenza di gestione: la crisi economica ed il proliferare di sigle ad ogni battito di ciglia costringerà in modo indiretto le tre federazioni che veramente contano sul territorio nazionale a gestire in modo meno individualistico le loro attività.

Il tacito rispetto tra loro ha sempre segnato un solco con tutte le altre sigle esattamente come è avvenuto nelle elezioni politiche appena svoltesi in Italia: i partiti che non hanno raggiunto una percentuale accettabile sono stati esclusi dal Governo.

Le sigle che hanno numeri da condominio non potranno quindi determinare la tendenza delle Arti Marziali in Italia, e vengono escluse da tutto ciò di speciale che i grandi confronti offrono: in poche parole gli atleti si guardano attorno e capiscono l’esatta collocazione e la qualità della sigla alla quale sono iscritti.

Ai primi naturali interrogativi del praticante, comincia così quella sceneggiata che molte piccole sigle fanno, motivando la propria esistenza come se si fossero create un angolo di paradiso, intonso ai tanto deprecati “giochi politici” da loro ravvisati nelle organizzazioni che sono inconfutabilmente connotate come FEDERAZIONI.

É evidente che ciò maschera organizzazioni che altro non sono che aziendine personali.

Il proliferare di organizzazioni nasce dall’esodo di tecnici che, in cerca di immeritati riflettori, si accontentano, con continui passaggi di sigla in sigla, del livello inevitabilmente calante che trovano, e ciò accade solo per la vanità di procedere nel proprio percorso attraverso “scorciatoie”.

Va detto, per amor di cronaca, che queste sigle purtroppo non trovano la dignità di un posto dove i propri atleti possano gareggiare senza doversi vergognare dell’esiguo numero di contendenti ai titoli e del livello tecnico degli stessi.

La tendenza dovrà obbligatoriamente essere dettata quindi dall’obbiettività di valutazione dei praticanti perchè c’è una sola tipologia di persone che sa giudicare onestamente il proprio contesto: l’atleta.

Forse non lo manifesterà per timidezza o per umiltà, ma certamente tra sè e sè recepisce il livello che il suo confronto agonistico ha e ne trae le sue conclusioni.

A questo punto però l’allievo riesce anche a capire la caratura del proprio maestro: capisce che se ha cambiato più federazioni, non sono le federazioni che sono sbagliate ma è il maestro che non è in grado di vivere serenamente nel loro contesto.

É stato il suo maestro a condurlo in quel contesto tecnico ed agonistico e l’allievo ne riscontra la sua responsabilità.

Se poi si aggiunge che ad ogni passaggio il maestro “contratta” la crescita di un grado o di una qualifica, ecco che il quadro si completa: l’atleta capirà che il suo maestro ha privilegiato la propria facile gratificazione alla serietà di comportamento e di valutazione di cui si è sempre riempito la bocca.

In sintesi avrà disillusioni sia sul maestro che sulla disciplina del Karate. Ecco la vera responsabilità che il maestro ha nei confronti dell’allievo ed i danni che il suo egocentrismo può causare nella formazione del karateka, prescindendo dalla sua età di approccio alla disciplina.

Questo deve essere spunto di riflessione….

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