Foto: Sensei Suzuki e De Luca
QUALE WADORYU?
di Roberto de Luca
Chi sono io per farti questa domanda? Nessuno.
Ma il bello è che… neanche tu hai molte credenziali per dire quale wado ryu. Il nostro wado ryu… il mio wado ryu… a me lo hanno insegnato così… io lo faccio così…, è meglio fare così… quello non capisce niente… ma chi l’ha detto… etc.
Il titolo è provocatorio e, se stai leggendo queste poche righe, direi che sono riuscito a catturare la tua attenzione.
Si vabbè pure i kata…!
Ma non è la tua riflessione che mi incuriosisce oggi, quello che mi interessa è il tuo aspetto mentale, critico, ma anche positivo. Comunque non perdiamoci in capziosità ed andiamo con ordine.
Ti sto suggerendo di non disperdere ciò che il fondatore del Wado Ryu ha creato, un concetto che potrebbe apparire semplice, quasi banale, ma che nella realtà richiede molto allenamento e umiltà. Nella pratica quotidiana, è possibile fare tutto e il contrario di tutto, perché il karate è fantasia e creatività, ma noi Maestri abbiamo una grossa responsabilità nei confronti della tradizione e del sensei Otsuka: insegnare e tramandare la sua creazione. Altrimenti è un’altra cosa, non è wado.
Per non disperdere questo patrimonio storico e culturale, ai miei colleghi Maestri, dico che abbiamo il dovere d’insegnare ai nostri allievi e futuri Maestri, il karate wado ryu “vero” e poi… ciascuno faccia quello che vuole, ma la storia è la storia. Io non ho personalmente nessuna ambizione, non mi sto inventando l’acqua calda, sto evidenziando con forza ciò che il Fondatore ha creato. Questo è.
Non è un caso che io, pur avendone avuto ripetutamente l’occasione, non mi sia mai legato a nessuna Organizzazione Internazionale di stile. È stata una scelta consapevole, derivata semplicemente dal non dover avere condizionamenti nella pratica dei kata tradizionali.
Non abbiamo parlato delle versioni dei kata cosiddette da gara, e neanche lo faremo di seguito, i kata per le competizioni sono, legittimamente, un’altra cosa.
La virtuale assenza, in Italia, di un manuale impostato, anche graficamente, in maniera moderna e accattivante, e che sia frutto delle riflessioni e delle conclusioni dei maestri che hanno reso illustre il wadoryu italiano, non mi esime però dal citare i manuali di Wadoryu più importanti pubblicati in Italia, prima fra tutti la celeberrima serie di due libri del compianto maestro Mario Morelli, e da oltre quaranta anni di pratica, non solo nel kumite, con innumerevoli incontri, stage e allenamenti, diretti e indiretti con Maestri Wado di fama internazionale:
il fondatore Otsuka, Suzuki, Toyama, Fukazawa, Yoshioka, Murase, Shibamori, Danubio, e con i Maestri italiani: (in ordine alfabetico) Angiolini, Basile, Bonafede, Bonizzi, Canto, Collamati, Comparelli, Del Nero, Di Luigi, Diotallevi, Gai, Grigio, Grisanti, Morelli, Scarfone, Schiavoni, Talon, Teotonico.
Questo libro non ha la pretesa d’insegnare nulla, è un documento del karate Wado Ryu che dedico con scrupolosa osservanza al fondatore, sensei Hironori Otsuka.
Il sottoscritto, è fondamentalmente filoneista e con questo non critico o peggio metto in discussione le modifiche anche se minime, addotte dagli illustri Maestri allievi diretti del Fondatore, sono esemplari e condivisibili, anzi da praticare e studiare: la conoscenza globale non può che migliorarci.
Probabilmente è non conoscendo l’origine del Wado, che si crea entropia. Fermo restando che ognuno è libero di perseguire ciò che ritiene legittimo.
Chi sono io per dire certe cose? Te l’ho detto, nessuno.
Ma questa volta tu sei il solo che può mettere alla prova e appurare quanto ti ho detto, ed iniziare finalmente, se vuoi, a fare o studiare il wado ryu, così come il fondatore l’ha concepito.