Differenze tra sport professionistico, dilettantistico e amatoriale

Eventskarate 21 marzo 2016

Mike Flavio

Alle Federazioni sportive nazionali spetta istituzionalmente il coordinamento della disciplina sportiva che rappresentano ed è su questo principio che si devono fare alcune riflessioni, per valutare quali limiti può e/o deve avere la sua competenza.

 

L’evoluzione della società moderna, gli interessi commerciali ed economici che gravitano intorno allo sport di vertice, l’aumento della partecipazione allo sport amatoriale stanno portando a uno squilibrio tra le varie forze interessate a una singola disciplina sportiva.

Alla base gli Enti di promozione sportiva e la scuola vogliono avere più spazio operativo, e per l’attività amatoriale gli stessi Enti rivendicano l’intero spazio a loro disposizione. In questo quadro, l’attività, la competenza e la decisionalità delle Federazioni rischiano di essere ampiamente compromesse. È questo un problema di ruoli e competenze che difficilmente si riesce a inquadrare, anche se il CONI e le stesse Federazioni hanno cercato con “protocolli d’intesa” al fine di ridurre la conflittualità. Il problema resta e non può che essere risolto a livello legislativo in quella che viene definita, da molto tempo, una legge quadro.Legge 91/81La legge 23 marzo 1981 n. 91 disciplina dettagliatamente i rapporti tra le societa e gli sportivi professionisti. Si intendono come sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione della attività dilettantistica da quella professionistica. La prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato: il rapporto di prestazione sportiva si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive, secondo il contratto tipo predisposto, conformemente all’accordo stipulato ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate. La societa ha l’obbligo di depositare il contratto presso la federazione sportiva nazionale per l’approvazione. Il contratto può contenere l’apposizione di un termine risolutivo non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto. È ammessa la successione di contratto a termine fra gli stessi soggetti. È ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali. Professionismo – dilettantismo

È questo un problema etico da sempre dibattuto che, giorno per giorno, diventa sempre meno chiaro sia nella forma sia nella sostanza. Innanzi tutto dobbiamo definire con chiarezza le due terminologie: l’atleta professionista è senz’altro colui che svolge attività sportiva impegnativa e prevalente in misura tale da non poter svolgere altra attività lavorativa. Il compenso economico che percepisce, a volte anche di notevole entità, gli garantisce comunque di condurre una vita agiata anche dopo al termine della carriera agonistica, generalmente abbastanza ridotta (variabile dai 15 ai 20 anni). Esempi se ne trovano nel calcio, nell’automobilismo, nel basket, nel tennis, nel ciclismo, nel golf, ecc. Costoro rappresentano comunque una minoranza elitaria nel composito e variegato universo sportivo.

L’atleta semiprofessionista invece pur riuscendo a mantenersi economicamente durante il periodo di attività, sarà comunque poi costretto ad esercitare un’attività lavorativa per potersi mantenere, una volta terminata la carriera sportiva. L’atleta dilettante è colui che, oltre all’attività sportiva, per la quale percepisce una ridotta ricompensa (anche sotto forma di rimborso spese) svolge, nel contempo, con continuità un’attività lavorativa o di studio. Paradossalmente però può accadere che vi siano “dilettanti” (ad esempio nel calcio) che guadagnano cifre di molto superiori ad atleti definiti professionisti nell’ambito dei cosiddetti sport minori, in contraddizione perciò con le attuali classificazioni tra la qualifica di professionista e di dilettante,

Gli atleti dediti all’attività sportiva a titolo “amatoriale” sono invece considerate tutte quelle persone (la stragrande maggioranza) che praticano una disciplina sportiva per pura passione, allo scopo di mantenere un ottimale stato di salute, e per fini socializzanti. Costoro spesso sono addirittura costretti ad autotassarsi, versando delle quote associative mensili oltre a dover provvedere personalmente all’acquisto dell’attrezzatura necessaria, pur di poter dedicarsi allo sport preferito.

Questa serie di cambiamenti normativi ed economici sta portando a un difficile adeguamento dell’impostazione delle maggiori società sportive italiane, sia quelle che operano ufficialmente nelle attività professionistiche, sia quelle che operano in attività sportive definite dilettantistiche, ma che sono in realtà strutturalmente professionistiche.Analogie e differenze tra sport professionistico, dilettantistico e amatoriale

Analogie

– La passione per lo sport quale costume di vita;

– Utilizzo della pratica sportiva per migliorarne l’efficienza funzionale;

– Utilizzo dello sport come un mezzo di socializzazione per stabilire relazioni interpersonali, per confrontarsi, per la realizzazione della personalità;

– La competizione sportiva con le varie regolamentazioni .

Differenze

– il livello prestativo, tecnico ( i dilettanti e gli amatoriali non raggiungono i livelli dei professionisti

– il tempo dedicato alla pratica dell’attività sportiva

– il compenso economico

 

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