IX Campionato Italiano di Karate FIK.
UN MOMENTO DI CRESCITA
di Fabio Tomei
come sapete, o spero sappiate, da circa un anno e mezzo sono stato nominato direttore del Centro Nazionale di Formazione e Ricerca, un settore fortemente voluto dal Presidente Lazzarini e da tutto il Consiglio Nazionale per la crescita culturale e tecnica dei nostri quadri tecnici e perché sia condivisa la maggior parte possibile delle informazione e acquisizioni tecniche, scientifiche e metodologiche riguardanti le teorie e metodologie dell’Insegnamento e dell’Allenamento.
Quindi in relazione ai Campionati Italiani svoltisi a Conegliano Veneto (Tv) il 16 e 17 aprile, permettetemi di fare il “professore”, spero non noioso, e spiegare con una metafora quello che ho percepito nei due giorni di gara.
In Auxologia si studiano le fasi dell’accrescimento, quella dell’essere umano è una continua storia di crescita sia essa prima fisica e poi, una volta stabilizzatasi la struttura corporea definitiva, continua la crescita morale, etica e filosofica che ci accompagna fino alla fine dei nostri giorni.
C’è un momento della crescita fisica, che è traumatico, si chiama “pubertà”, ed è il periodo di cambiamenti fisici in cui il corpo di un bambino diviene un corpo adulto capace di riproduzione.
In questa fase in cui per lunghi tratti a livello psicologico si sovrappone la “adolescenza” vi è un accrescimento rapido e repentino delle proporzioni fisiche che lascia il bambino disorientato, perché non riesce a percepire queste variazioni antropomorfiche e ancora regola i suoi movimenti e il suo senso propriocettivo in relazione allo spazio-corpo con quello dell’età dell’infanzia.
Ai maschietti questo succede intorno ai 12 anni mentre alle femminucce intorno ai 10 ovviamente con anticipi o ritardi soggettivi.
Ora essendo per definizione una Federazione “femmina” ed essendo verso i nove anni di vita possiamo parlare di fase puberale e di un cambiamento che alcune volte non viene percepito, quello che voglio dire è che siamo cresciuti, e siamo cresciuti così tanto ed in maniera così repentina che la nostra meravigliosa, perché questo è, macchina organizzativa deve correre ai ripari ed impostare le sue risposte sui nuovi parametri federali.
Parametri che parlano di numeri incredibili, di categorie numerose e competitive, e che non permettono più errori di calcolo; tutto questo per dire che non si può permettere che una gara il sabato arrivi quasi fino alle 23,00, non possiamo permettercelo per coloro che vengono da più lontano, che già affrontano viaggi di 7-8 ore e poi in gara rischiano di aspettarne altrettante prima di gareggiare, anche se la gara è esaltante, di altissimo livello tecnico, organizzata con cura e precisione maniacale, mega schermi luminosi che indicavano le categorie, pass personalizzati per tutti i coach, due aree di smistamento atleti, atleti in ogni caso rispettosi delle impostazioni date e mai fuori gli schemi segno di una grande maturità che proviene anche dai propri insegnanti.
Arbitri precisi e puntuali, impeccabili per professionalità, comunicazione (anche qui subentra il “prof”) sia verbale che non verbale e paraverbale improntata alla massima apertura, coadiuvati da una schiera di Presidenti di Giuria infaticabili e precisi, che hanno macinato kilometri fra i vari tavoli e le postazioni atleti per indicare loro i turni successivi e quali colori di protezioni avrebbero dovuto indossare, nelle categorie cadetti, junior e senior con l’aggravio delle riprese televisive, sempre fiore all’occhiello di questa federazione che tende sempre alla massima trasparenza nei confronti dei propri atleti anche a rischio di smentire i propri arbitri (ma c’è da dire che avviene proprio in rarissimi casi segno della bontà di questa classe arbitrale).
È un grande momento di crescita che dobbiamo gestire tutti insieme per raccogliere i frutti del lavoro che ha portato a questa crescita quindi la mia vuole essere una sollecitazione a migliorare sempre più e non certamente una critica aprioristica e avulsa dal contesto, ripeto quello a cui abbiamo assistito sabato e domenica 16 e 17 aprile 2016 è stato un lavoro magnifico, visibile, tangibile in ogni particolare un lavoro che non si fa fatica a immaginare duro e pesante e senza il quale non si sarebbe potuta gestire una gara del genere, un lavoro che viene da lontano e che ha permesso questa crescita ma ora è tempo di chiudere questa fase e di fare un lavoro di strutturazione per la nuova fase e, come spesso accade per l’età evolutiva, a volte c’è bisogno di chiudere definitivamente una fase e destrutturare per utilizzare le nuove capacità acquisite.
Per il resto ci sono le emozioni di questa gara, che sono tanti piccoli momenti che si vivono, prima, durante e dopo la gara stessa.
La felicità di un bimbo o una bomba alla loro prima medaglia, le lacrime di chi avendo vinto una volta magari pensa che ogni volta sia possibile vincere, lo sguardo pieno di orgoglio di un maestro verso questo o quell’allievo o allieva, o gli sguardi attenti degli allievi che guardano i loro maestri gareggiare, perché anche questo fa questa grande federazione essere sensibile verso quelle fasce di età che hanno superato gli “anta” ma che hanno intatte le capacità e lo spirito per mettersi in gioco.
Un piccolo appunto, sempre da pedante e saccente direttore scolastico, voglio fare a quei tecnici (ne ho “pizzicati” 3 o 4) che all’uscita di un loro atleta sconfitto in kumite o acquisizione di un punteggio basso in kata per qualche errore tecnico, si avventano sui propri atleti o scaricano su di loro delusioni e responsabilità.
Non si può essere “maestri” solo quando l’allievo vince e rivendicare il proprio ruolo nella vittoria ed essere esente da quel ruolo quando l’atleta perde e quindi non avere responsabilità, non funziona così!
Questi sono i maestri anche che, a volte, non mandano i loro atleti a presentarsi sul podio per le medaglie di argento o bronzo come se contasse solo la medaglia d’oro o solo il primo posto chi fa questo viene meno ad una delle componenti più importanti di questa disciplina “rispetto” (Sonkei in giapponese) il rispetto verso gli altri partecipanti al podio, verso i loro maestri e genitori, ed anche, perché no?, verso tutti gli altri che a podio non sono arrivati e che magari sarebbero stati felici di farlo.
Per concludere quali sono i momenti per descrivere questo Campionato Italiano? Ne ho due in mente, uno personale il sorriso di Giannina, classe 1968, allieva e madre di allieve, con una grande ombra nel cuore che allevia anche grazie al karate, impegnata nella categoria master kata femminili il suo ed il mio, insomma il “nostro” abbraccio non per la medaglia, il risultato ma solo per il fatto di aver partecipato ad una gara così e di aver finito tutto il kata (il suo più “grande” problema data la sua emotività) ed il suo sorriso mi ripaga di tutto il mio lavoro; poi una immagine tra le tante pubblicate sui social mi ha colpito: il mio amico e grandissimo maestro Goju Luciano Masci, che viene abbracciato dalla sua allieva Veronica Coppola in lacrime, di gioia e di liberazione, un abbraccio di ringraziamento che vale più di mille parole e la faccia di questo grande “Samurai” che a stento trattiene le lacrime fa capire il vero legame simbiotico che esiste tra un maestro ed un allievo, tra “Sensei” e “Seito” , un legame che è sempre stato, è e sarà per sempre eterno