Hajime!…

Eventskarate 08 aprile 2020


Ilio Semino

Sono accosciato sul lucido pavimento di legno verde scuro perfettamente liscio e levigato.

Su di una parete due lunghe bandiere verticali, di Giappone ed Italia, sono ai lati dell’austera immagine del Caposcuola. Dalle finestre socchiuse entra l’aria di nebbia di Milano, i vetri sono appannati per lo sbalzo termico tra il freddo esterno ed il caldo umido di sudore del Dojo. Attorno a me grandi gocce di sudore testimoniano le recenti fatiche, frutto di interminabili scambi di pugni e calci durante l’allenamento di combattimento prestabilito, praticato a giro per oltre un’ora, con quasi tutte le oltre cinquanta cinture nere presenti nella sala, preceduto da una lunghissima serie di fondamentali. La giacca del karategi è zuppa, rigida come duro cartone, le fronti sono madide di sudore, la stringa dei calzoni lascia un segno rosso e fastidioso attorno alle anche, l’arsura incendia le ascelle e l’inguine… Ora è il momento del combattimento libero, jyiu kumite. I miei compagni di lezione sono sparpagliati attorno, ognuno concentrato verso il momento in cui il Maestro lo chiamerà a combattere. Osservo i loro sguardi: stanchezza e voglia di cominciare… Al centro della pedana i due contendenti di turno si muovono con competenza e si scambiano rapidi colpi scanditi dalle battute dei piedi sul parquet; i veloci spostamenti producono fischi tra il pavimento ed i loro callosi talloni. Sono combattimenti duri, fisici e senza troppi fronzoli, i colpi e le parate producono sordi rumori, i contrattacchi sono accompagnati da isterici kiai. Ogni tanto uno dei due viene colpito più forte, e l’incontro è interrotto dal Maestro che, osservando il contuso con indifferenza ed impazienza, attende di ridare il via. Non appena il combattente annuisce e manifesta la sua disponibilità a ricominciare, l’altro lo saluta, entrambi pronunciano un sonoro “Oss!” e l’incontro riprende. Osservo i compagni attorno a me: donne e uomini dai diciotto ai quarant’anni, li conosco tutti, sono tutti forti, seri e determinati. Nessuno di loro vuole sfigurare di fronte al Maestro ed ai colleghi. Molti fanno parte della rosa della Squadra Nazionale, hanno combattuto in tutto il mondo, hanno conquistato titoli e rispetto. A volte sono tornati feriti, ma mai nell’orgoglio… Penso a quale di loro mi capiterà allorché il Maestro mi chiamerà al centro per combattere, uno vale l’altro, tutti hanno i colpi del campione, tutti incutono rispetto, timore, paura… Il cuore batte più forte, l’adrenalina è in circolo ed attraverso qualche misterioso processo chimico – psicologico, limita l’effetto dell’acido lattico; il sudore brucia gli occhi, mi alzo, sgranchisco le gambe e scuoto la testa per liberare le tensioni cervicali. Il Maestro pronuncia il mio nome, stringo la cintura e deciso raggiungo il centro del tatami…. Improvvisamente mi accorgo che tutte le tensioni sono scomparse, non ascolto il nome del mio avversario, sono concentrato e sereno: mi accorgo che non ha più importanza sapere chi sarà colui che mi troverò dinnanzi quando inizierò a combattere contro me stesso, contro le mie debolezze, le mie ansie e le mie paure…
Ed ora “Hajime!”

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