A PROPOSITO DI…
Non è mai troppo tardi.
di Nando Balzarro
Navigando imprudentemente sulle smorte, a tratti agitate acque dell’immenso mare di Facebook,
da qualche giorno incappo in notizie che, per certi versi, mi sorprendono e contemporaneamente impietosiscono. Infatti, con il dovuto clamore fotografico e di cronaca giornalistica in genere dedicato a un formidabile risultato sportivo, ecco apparire le solenni immagini di neo campioni italiani, persino europei (presto anche mondiali), nelle due specialità classiche: kata o kumite. Ebbene, niente di strano, se non fosse che le foto parlano chiaro… qui si tratta di over cinquanta, ma che dico? Over sessanta, alcuni certamente già nonni. Eccoli lì, belli, sudati e sorridenti, felici di esibire con moderata fierezza il luccicante trofeo appena conquistato. Corposi articoli sui giornali locali, qualche studiata intervista e tanta, troppa, certamente urticante, retorica esistenziale. A parte il fatto che essendo il sottoscritto nell’ambiente da oltre cinquant’anni, e quindi a conoscenza diretta o indiretta dei diversi campioni del “passato”, è evidente che gli attuali attempati “atleti”, così trionfalmente saliti sul podio, mai, quando sarebbe stato il loro giusto tempo, si sono distinti per risultati minimamente significativi, ma neppure di modesta portata. Inoltre, un curioso semplice approfondimento relativo alle competizioni in oggetto (organizzate da diverse sigle federali), rivela mestamente il numero dei concorrenti suddivisi per specialità. Proprio nella migliore delle situazioni si arriva a quattro ma, mediamente, si parla di due (ho trovato persino un caso nel kata di un unico esecutore). A questo punto, con tutto il rispetto per le scelte altrui e relativi comportamenti, viene spontaneo domandarmi cosa veramente si celi dietro la decisione da parte di questi “anziani atleti”, di partecipare a quelle anacronistiche imprese, nonché di vantarsene così platealmente. Temo trattarsi di una sorta di inadeguata reazione a chiare frustrazioni giovanili; una specie di risarcimento morale per tutto quanto, causa scarso talento o sfortunata sorte, non si è potuto ottenere e raggiungere nell’età del vigore, della prestanza, della febbrile voglia di sfidare qualcuno, nella legittima ambizione di essere il migliore, nell’umanissimo (ma con precoce data di scadenza), desiderio di gloria. Ciò detto, per carità, ognuno vive le sue esperienze di vita (qualunque esse siano) secondo valori e principi e amor proprio, a cui, come ho già chiarito, sempre e comunque si deve totale rispetto e umile garbato distacco.