balzarro 2009

A PROPOSITO DI “TRADIZIONALE”

Eventskarate 08 gennaio 2013

Nando Balzarro

Argomento che scotta. Argomento che indigna. Campo minato per chiunqui azzardi parlarne. Tutti contro tutti.

Ortodossi, fondamentalisti, buoni e cattivi, vero e falso, moderno e antico, sport o arte. Affrontarlo oggi mette in pericolo vecchie amicizie oppure rafforza solidi disprezzi o salva convinte stime. Come sempre correrò i rischi del caso tentando un’ analisi assolutamente non tecnica né storica (anche se entrambe dovranno essere perlomeno citate), ma prettamente concettuale o, se preferite, innoquamente intellettuale.

Credo che l’utilizzo del termine “tradizionale” non possa né debba catalogare o discriminare questo o quello stile, questa o quella epoca, questa o quella performance, bensì l’approccio appunto intellettuale, etico, morale che ogni praticante (Dal Maestro più esperto al giovane principiante) riserva al Karate nelle sue multiformi interpretazioni. Esatto! proprio di “interpretazione” occorre parlare.

Infatti la stessa tecnica, lo stesso pugno o calcio o intero Kata e persino competizione, a seconda del determinato stato mentale, psicologico, culturale, con cui verrà affrontato e quindi allenato, potrà considerarsi o meno “tradizionale”. Quindi “tradizionale” non in quanto antico ovvero portatore di chissà quali trascorsi storici, ma piuttosto quale onesta espressione di un particolare stato psico-fisico di chiara matrice orientale, intesa come complesso di valori etici, religiosi e morali (non guerrieri) vedi “zen” o il famoso codice morale detto Budo da non confondersi con il Bushido (ferree regole comportamentali dei Samurai). Mi pare ragionevole sostenere che si possa considerare “tradizionale” addirittura una gara di kumite o di kata, dal momento che ci si relazioni con essa (con la gara), seguendo determinati principi “spirituali”. Il valori professati dal Budo, non sono databili, non appartengono ad un periodo storico ormai trascorso ma possono essere scelti e vissuti oggi nell’era moderna, nel 2013 e oltre. “Scelta di vita”, si potrebbe dire dal momento che il Budo si pu legittimamente applicare a qualsivoglia modalità esistenziale. Sarebbe come affermare che abbiano avuto il diritto di vivere cristianamente solo coloro che sono vissuti nell’epoca di Gesù. Con le dovute indispensabili “secolarizzazioni” sia il Budo che il cristianesimo (mi si perdoni il paragone) sono vivibili oggi e lo saranno domani. Parlando adesso del mio amato Shotokan, stile le cui radici storiche sono assai fresche e giovani (ormai più nessuno contesta il dato di fatto che lo Shotokan praticato oggi nel mondo è quello di Yoshitaka, presto adottato, adattato e divulgato dalla JKA di Tokio, quindi l’ “altro ieri”), nessuno vieta a nessuno di viverlo secondo i principi del Budo e perciò, in tal senso, considerarlo “tradizionale”. La mia personale testimonianza (amesso che interessi a qualcuno) essendo come noto stato uno dei primi allievi del M. Hiroshi Shirai (siamo nel 1965), Maestro a cui si deve il profondo capillare radicamento dello Shotokan in Italia (spero che nessuno vorrà contestare tale fatto), conferma il punto fermo che il M. Shirai ha costantemente portato avanti nel suo insegnamento, l’idea di un karate sempre infuso dallo spirito del Budo. Ed è quindi in tal senso che io stesso ho vissuto e insegnato lo Shotokan, anche se spesso con sostanziali differenze metodologiche e “pedagociche”. Concludendo! Secondo questa mia visione, qualunque stile, qualunque periodo “storico” ancorché epocalmente “moderno”, proprio in base al tipo di approccio del praticante, potrà considerarsi legittimamente “tradizionale”, oppure semplicemente sportivo e magari anche olimpico.

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