REI

Eventskarate 23 aprile 2016

Arti marziali, cultura, e storia asiatica

Il rei è un concetto fondamentale per tutte le arti marziali di origine giapponese in quanto espressione della cortesia, del rispetto e della sincerità.

Il rituale del saluto è semplice nella sua forma esteriore, ma molto complesso nel suo aspetto interiore; è una presa di coscienza di se stessi, dei compagni, della palestra e dell’arte che si sta per praticare e non deve mai diventare un automatismo, un’abitudine o un obbligo imposto dal maestro. Il saluto non simboleggia una superficiale manifestazione di educazione, ma un lavoro completo sulla persona: la ricerca di una migliore adesione alla via (Dō). Il praticante, attraverso il saluto, si predispone correttamente all’allenamento, che richiede pazienza, umiltà e controllo dei propri sentimenti, e dunque un lavoro disciplinato, costante e diligente. Questo è lo spirito della via marziale: l’umiltà è un atteggiamento che bisogna assumere nella vita, la prima lotta che bisogna vincere è quella contro la propria presunzione.

La complessità simbolica del saluto implica, in senso posturale, l’allineamento perfetto del ventre, del busto e della testa, centri, rispettivamente, della volontà, dell’emotività e dell’intelletto. La posizione del saluto è inizialmente verticale ed esprime la “via spirituale”; si inclina poi orizzontalmente, ad indicare la “via materiale”; tanto più è profondo l’inchino, tanto maggiore è il rispetto portato nei confronti di chi lo riceve. Dal punto di vista tecnico il saluto può essere collettivo o individuale, effettuato in piedi (Ritsurei) o in ginocchio (Zarei). Al momento di entrare nel dōjō bisogna salutare con un inchino discreto e sincero rivolto alla “sede superiore” (Kamiza) e lo stesso inchino deve essere eseguito ogni volta che i praticanti si pongano di fronte o eseguano un esercizio di forma (kata).

Al momento del saluto gli ordini sono solitamente impartiti dall’allievo più anziano, posizionato capofila all’estrema destra degli altri allievi; tra questi vi sono delle espressioni verbali che precedono l’inchino vero e proprio e che possono variare a seconda delle circostanze:

«Shizen ni rei», il saluto rivolto al kami神, solitamente si tratta dello spirito (o degli spiriti) protettore del dōjō, dell’altare o degli antenati; concetti chiaramente legati alla tradizione scintoista.

«Kamiza ni rei», il saluto al kamiza 上座, ossia il lato superiore del dōjō – tradizionalmente il più lontano dall’entrata – che è riservato all’altare, ai maestri e spesso agli ospiti illustri; può esser considerato un’alternativa del precedente saluto.

«Shōmen ni rei», il saluto allo shōmen正面, ossia il lato anteriore della palestra; è un’ulteriore variante del precedente saluto e tra i tre è il saluto più diffuso.

«Sensei ni rei», il saluto al maestro.

«Senpai ni rei» il saluto all’allievo più anziano (senpai 先輩), che sostituisce il maestro quando quest’ultimo non è presente.

«Shihan ni rei» o «Hanshi ni rei», i saluti al maestro superiore, altamente onorato: shihan 師範 ed in particolare hanshi 範士 son titoli speciali riservati a maestri di livello (dan) molto elevato ed esterno dalla gerarchia della scuola, che insegna nel dōjō solo in rare circostanze.

«Otagai ni rei», il saluto reciproco che simboleggia l’unità ed esprime il rispetto che si deve agli altri.

Solitamente ci si limita a due o tre di questi saluti.

 

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