La spedizione del Commodoro Perry

Eventskarate 23 settembre 2017

Fin dai primi anni dell’800 il governo degli Stati Uniti d’America aveva tentato, senza risultati positivi, di instaurare rapporti commerciali con il Giappone. L’ultimo di questi tentativi, compiuto dal Capitano Glynn nel 1849, portò alla convinzione che una dimostrazione di forza sarebbe stata l’unica via possibile per ottenere un accordo commerciale. Perry fu incaricato di questa nuova spedizione e a tal fine si preparò leggendo tutto quanto era disponibile al tempo sul Giappone Tokugawa, in special modo il libro di Philipp Franz von Siebold il quale aveva vissuto per otto anni sull’isola di Dejima prima di ritornarsene in Olanda. Così il Commodoro, con una flotta di quattro navi da guerra a vapore, getto l’ancora nei pressi di Edo l’8 luglio 1853. Pare che inizialmente i giapponesi, che non conoscevano la recente tecnologia del vapore, pensassero ad alcune navi in fiamme. Possiamo solo immaginare lo stupore provato dagli isolani davanti al fatto che le quattro grandi navi dalla chiglia tinta di nero non solo non bruciassero, ma avanzassero a una velocità ritenuta impossibile con quel vento (pare 9 nodi). In seguito il termine “navi nere” simbolizzerà la minaccia della tecnologia occidentale nei confronti del Giappone.
Gli emissari di Perry, scesi a terra si incontrarono con gli inviati dello shogun, i quali intimarono agli stranieri di proseguire alla volta di Nagasaki. Perry rifiutò di andarsene, e chiese il permesso di presentare una lettera del Presidente Americano Millard Fillmore allo shogun, minacciando l’uso della forza in caso contrario. I giapponesi si resero subito conto che nulla potevano contro le minacciose navi nere in rada, e considerando gli effetti devastanti di un eventuale bombardamento navale acconsentirono. Così il Commodoro sbarcò e presento la lettera, la quale conteneva tutta una serie di richieste di natura commerciale. Consegnata la lettera Perry e la sua flotta salparono in direzione della costa cinese, promettendo di tornare l’anno successivo per la risposta.
Negli ambienti shogunali la minaccia americana fu presa molto seriamente, tanto che nel porto di Edo fu iniziata la costruzione di una batteria difensiva sull’isolotto di Odaiba.
Come promesso Perry tornò nel febbraio del 1854, con ben sette navi, e trovò che i delegati del governo avevano preparato un trattato, in venti articoli, che accoglieva praticamente tutte le richieste della lettera di Fillmore. Il primo di questi articoli sanciva una relazione di amicizia fra i due popoli. Il secondo sanciva l’apertura dei porti di Shimoda e Hakodadi alle navi americane. Il nono articolo era la clausola della “nazione più favorita” che dichiarava che qualsiasi concessione fatta ad altre nazioni sarebbe stata automaticamente estesa agli americani. L’undicesimo articolo consentiva agli americani di stabilire un consolato press oil porto di Shimoda. Entrambe le parti firmarono il trattato il 31 Marzo 1854.

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