Karate – Strategia a tutto campo per Tokyo 2020…

A colloquio  con il direttore tecnico nazionale della Fijlkam professor Pierluigi Aschieri

Di Leandro Spadari

Si è chiuso un anno di transizione, il 2017, tutt’altro che avaro di soddisfazioni per i colori azzurri:

ci limitiamo a ricordare le otto medaglie (tre ori, tre argenti, due bronzi)  all’ Europeo di Kocaeli, le sei medaglie (due ori, due argenti, due bronzi) al Mondiale giovanile di Tenerife, le quattro medaglie a fine anno (un oro, un argento, due bronzi) in occasione della Serie AK1 di Okinawa…e si apre un 2018 caratterizzato dal via alle qualificazioni in vista di Tokyo 2020. Ne parliamo brevemente con il professor Pierluigi Aschieri, da sempre guida tecnica del karate azzurro, recentemente insignito dalla federazione del prestigioso grado di nono dan: la persona che ha saputo anticipare ed interpretare i cambiamenti e le innovazioni che questo sport ha conosciuto e continua a conoscere in un crescendo senza sosta…

“Ragionando su quello che sarà necessario acquisire in prospettiva Tokyo 2020 – ci dice –  assurge in primo piano il modello prestazionale richiesto: ebbene, sarà un modello molto, molto tecnico. Il karate aveva già una sua “identita’” ben precisa, ora le tecniche di calcio per la lunga distanza, di pugno per la media, di proiezione per la corta dovranno raggiungere il più alto livello qualitativo…detta così la cosa sembra semplice, ma  assicuro che semplice non è. La tecnica dovrà essere accompagnata ad esempio da una straordinaria rapidità nei processi decisionali ed attuativi della stessa da parte degli atleti. E’ importante a tale riguardo che i regolamenti di gara nel loro evolversi risultino il più possibile orientativi, diano cioè la direzione verso cui lavorare. Gli arbitri devono essere sempre più bravi ed esperti, e gli atleti in grado di fare le cose che il karate olimpico richiede. Con soddisfazione posso dire che i regolamenti attuali sono sì perfettibili ma si sono già dimostrati molto buoni .La federazione dovrà comunque continuare a lavorare ed investire sia sugli arbitri che sugli atleti. Se del resto i criteri di valutazione tendono ad irrigidirsi, necessita allora un aggiornamento generale che richiede indubbiamente tempo. Tutte le nazioni, stante il traguardo olimpico, hanno in tal senso accelerato il passo. Noi italiani possiamo contare su una nuova generazione di atleti che sta facendo bene, e stiamo comunque preparando sin d’ora la generazione futura…Tra i nostri obiettivi prioritari, con una strategia   a tutto campo, quello di avere il maggior numero di atleti possibile nel ranking, in particolare nelle teste di serie rappresentate dai primi otto. Il numero limitato di partecipanti alle gare di qualificazione olimpica è indubbiamente penalizzante, nella malaugurata ipotesi di un infortunio, o di una malattia, od altro, ecco che tutto un lavoro pur condotto al meglio corre il rischio di essere vanificato e ciò determina l’importanza di poter sempre contare come atleti su di almeno due presenze di qualità. Vedremo che succede con le effettive qualificazioni che prenderanno il via nel secondo semestre 2018.”

-La nazionale ha effettuato una sostanziosa trasferta a fine anno in Giappone in occasione della Serie A K1 Okinawa. Quali i riscontri avuti da questa esperienza, al di là delle quattro medaglie conquistate dagli azzurri?

“Abbiamo avuto l’opportunità di allenarci con squadre di atleti dei licei locali, regionali ed addirittura con rappresentanti della nazionale. I giapponesi si sono rivelati molto ben preparati, tutti sopportano carichi di lavoro anche intensi e prolungati senza alcun problema grazie ad un’ottima condizione fisica ed alla loro scelta del tempo, il timing, che potremmo declinare come la capacità di attuare la cosa giusta al momento giusto. Del resto in Giappone la pratica del karate può contare sul sistema scolastico e non a caso molti dei loro medagliati ai mondiali giovanili erano per l’appunto studenti. Studio e sport, un binomio che fila  sia nel modello giapponese che in quello statunitense, ad esempio. Il modello italiano, sostenuto dal CONI, nasce dal libero associazionismo sportivo , la scuola si prefigge  obiettivi formativi in senso ampio, non prettamente tecnici. Quindi da noi le cose, diciamolo pure, funzionano in maniera diversa.  Gli atleti che abbiamo incontrato, oltre alla tenuta straordinaria, hanno messo in mostra notevole determinazione ed aggressività. Alle Olimpiadi i giapponesi diranno autorevolmente la loro, tengono moltissimo a ben figurare in quella che è una straordinaria opportunità peraltro da loro richiesta e perorata. Per la nostra trasferta in Giappone devo rivolgere un particolare ringraziamento al maestro Kiyoshi Murakami, che gode come abbiamo potuto riscontrare di altissima considerazione e grazie al quale abbiamo potuto parlare anche con il presidente del comitato olimpico giapponese. Il Giappone sicuramente conquisterà parecchie medaglie con il judo, ma altrettanto vuole fare con il karate, obiettivo che sta perseguendo con grande fermezza. Come dicevo, nel 2018  entrerà nel vivo la corsa per la qualificazione a Tokyo e sarà una battaglia bella tosta per la quale dovrà già essere pronto sui nostri atleti il lavoro di adeguamento ai nuovi standard richiesti.”

-Quali gli aspetti da privilegiare?

“ Non si può tralasciare alcun aspetto: fondamentale è la preparazione fisica, alla pari della tecnica, che è quella che fa assegnare i punti, e la tattica che permette di gestire al meglio le varie fasi di un combattimento. E’ un lavoro a 360° che postula anche una continua attuazione, verifica e rimodulazione.”

-Con l’esperienza di oggi, cambierebbe scelte fatte in passato?

“ Ho sempre fatto quello che onestamente ho ritenuto necessario fare, tenuto conto della realtà e delle risorse disponibili. Il karate olimpico può indubbiamente contare su molte più risorse rispetto al passato e ciò consente a noi tecnici di lavorare meglio. Occorre essere consapevoli del fatto che siamo entrati con Tokyo 2020 in un’altra era, tutta da costruire, tutta da scrivere. Voglio anche  aggiungere che ho la fortuna di poter contare come staff su dei collaboratori  dalle elevatissime capacità umane e professionali, che non si spaventano dei problemi e degli ostacoli ma assolvono al meglio il loro compito in ogni frangente.”

-Per concludere, una brevissima nota di carattere personale. Il 2017 ha visto da parte della Fijlkam  il riconoscimento nei suoi confronti della qualifica di nono dan. Che sensazioni ha suscitato in Lei la cosa?

“Non sarei sincero se non dicessi che era nelle mie aspettative. Comunque, e’ addirittura scontato dirlo, mi ha fatto enormemente piacere: come tutti i riconoscimenti  è venuto a sottolineare le tante cose fatte ed i successi ottenuti. Voglio considerarlo un grande stimolo, per quanto possibile, a fare ancora di più ed ancora meglio…”           

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