Giappone il respiro del sole.

“Ki Ken Tai Ichi : unità di spirito (Ki), spada (Ken) e corpo (Tai). Ki è lo spirito, Ken (spada) si riferisce all’uso della spada, Tai si riferisce al movimento del corpo e alla postura. Questo termine esprime un concetto fondamentale: il taglio deve essere portato dal corpo con un movimento collegato all’attacco dell’avversario. Quando Ki, Ken e Tai lavorano insieme in armonia e nel giusto momento, allora si creano le condizioni per un taglio corretto.”

Ki, lo spirito che si esprimeva con un potente kiai, l’urlo per i non addetti, tramite il quale dimostrare, dichiarando il bersaglio, l’assoluta intenzionalità dell’attacco che si stava portando …

MEEEEEEENNN …

KOTEEEEEEEEE …

Ken, la spada, si manifestava colpendo il bersaglio col mono uchi, il terzo terminale della spada, la parte più tagliente di una katana in quanto la parte che prende la massima velocità durante il taglio. Questione di fisica e di velocità angolare e tangenziale in funzione del maggior raggio, rispetto al centro di rotazione, di cui usufruisce l’ultimo terzo della lama … Tai, il corpo, che si doveva manifestare con un potente “pestone” sul pavimento nello tsugiashi, il passo per attaccare e lo spostamento in avanti del corpo dopo aver colpito. Per anni questo è stato il credo, poi, all’inizio del secolo, sono approdato allo iaido. Di ki ken tai non ho sentito parlare fin quando ho cominciato a prepararmi per gli esami più avanzati.

Nell’arte della spada ci sforziamo di avere la superficie il più calma e speculare possibile. Una superficie increspata, distorce l’energia dell’intento e quindi ciò che verrà consegnato nell’eventuale taglio sarà distorto. Ora, come si lega il cuore allo spirito? Nella nostra civiltà occidentale, il cuore si riferisce simbolicamente al nostro stato emotivo.

Le nostre emozioni influenzano direttamente lo spirito e quindi l’energia che emana dallo spirito. Nell’arte della spada giapponese, la maggior parte delle emozioni può dare origine a quelle che chiamiamo le quattro malattie del Samurai, ovvero paura, dubbio, sorpresa e seduzione., dobbiamo imparare a ridurre al minimo le emozioni nell’uso della spada.I giapponesi non mostrano molte emozioni e usano molto il linguaggio del corpo, quindi potrebbe essere molto più difficile per un occidentale raggiungere questo stato d’animo.

Per riassumere finora, ci si allena per purificare lo spirito, o più specificamente l’energia che lo spirito emette, ci si allena per calmare il cuore perché la via della spada e le emozioni non vanno d’accordo, ci si allena per rendere la mente immobile, chiara e retta in modo che la nostra spada non debba mai essere sguainata. Il lago mentale dovrebbe essere sempre riflessivo e calmo.Ken significa spada, sano oltre che imparare. Questi termini sono rappresentati da diversi kanji. La spada è lo strumento che il kenshi, spadaccino, ha scelto per affinare il proprio essere, al fine di rivelare gli intricati misteri di se stessi attraverso il processo di addestramento senza fine. Ci alleniamo sempre ad andare più in profondità nel sé, più in profondità nello spirito, per correggere i torti dentro di noi, per eliminare ogni impurità contenuta in noi stessi.Usiamo la spada per imparare le lezioni non solo su come fornire il taglio perfetto, ma anche per vivere la vita più significativa. Nel trovare l’equilibrio nelle nostre vite, nell’avere la mente giusta, il giusto atteggiamento, raggiungiamo la salute e, si spera, una vita lunga e significativa.La cosa più evidente ed immediata è stata la scomparsa del kiai come manifestazione del ki … ma su questo punto tornerò dopo. Il ken resta come spada che deve colpire in modo adeguato: deve essere un taglio corretto con asuji corretto, alla giusta distanza in modo che a colpire kaso teki sia il mono uchi della spada … Tai, come nel kendo e con più evidenza nel kendo no kata, il piede d’attacco arriva a terra un attimo prima dell’impatto della spada sul bersaglio, mentre il piede posteriore chiude spostando il corpo quanto basta per essere un tutt’uno col taglio che la spada nel frattempo completa. Resta il ki, lo spirito, che nello iaido a parer mio si manifesta con quell’insieme di tecnica, metsuke, zanshin, ritmo e atteggiamento, insomma quella pressione sull’avversario, quel kigamae, che se nel kendo non è difficile comprendere, data la presenza fisica dell’avversario, non lo è altrettanto nello iaido.Dei tre, il ki è probabilmente l’aspetto più difficile da realizzare, anche perché lo dobbiamo ricercare in noi stessi, non può essere insegnato da terzi, non può essere studiato su documeni di alcun genere. Si possono però trovare importanti punti di riferimento osservando gli embu di alcuni Maestri capaci di esternare il loro ki, ma soprattutto sforzandosi di eseguire il kata figurandoci un kasoteki realistico e “vivo”.In fine, torno agli aspetti tecnici del ki ken tai, limitandomi ad analizzare un kirioroshi dello iaido ed un men (attacco alla testa) del kendo.

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